Incontriamo Tiziana Borgo, figura centrale nella programmazione artistica di Teatri in Rete. Con il suo supporto operativo e la sua consulenza le dodici sale hanno potuto realizzare il cartellone della stagione 2023-2024. L’intervista che segue è il resoconto di un lungo dialogo sulla passione per il teatro, le sfide della cultura e l’importanza di un progetto come questo.
Ciao Tiziana, iniziamo con la domanda fondamentale che ci guida tutti: perché fare teatro oggi?
Da bambina non andavo spesso a teatro con la famiglia, però il venerdì davano gli spettacoli in televisione e io ne ero particolarmente attratta. Non vedevo l’ora di andare a letto tardi guardando quello che trasmettevano. Grazie a questi programmi ho conosciuto tutti i grandi autori. Per me fare teatro e assistere alle rappresentazioni è come giocare. Lo spettatore quando si siede sulla poltrona e vede aprirsi il sipario sa che non assisterà a una cosa che accade nella vita, una rappresentazione appunto, ma a un qualcosa ti porta in un’altra esistenza che viene messa in scena. Tu, da spettatore, devi stare al gioco, ti viene chiesto di credere a quello che accade sul palco.
Ovviamente questo lo spettacolo se lo deve guadagnare, ma quando succede, quando ci si lascia andare, il teatro diventa un sogno nella realtà che ti appartiene. Secondo me non è una fuga, è una realtà che viene spinta verso qualcosa di bello, di significativo, grazie al palcoscenico. Questo è il valore di fare teatro oggi per me. Spingersi verso bei sogni.
In questo periodo gli autori stanno puntando più alla dimensione del sogno, dell’evasione, o del racconto della realtà?
Non redo ci sia bisogno di parlare di quello che accade oggi analizzandolo oggettivamente. Siamo in un mondo talmente complesso e tribolato che non vogliamo rivederlo. Lì sopra, su quel palco, vogliamo che ci venga data la possibilità di comprenderlo, di cogliere un senso nella complessità del presente. Magari anche attraverso testi vecchi che risuonano nel presente.
Vedi dei fili conduttori nella stagione di Teatri in Rete? Qualche tema comune, qualche scelta artistica particolare?
Quando si programma bisogna mediare tra molti fattori, non solo economici, ma anche di contenuto. Bisogna equilibrare le stagioni tra impegno e divertimento. La voglia di “leggerezza di qualità” è stata un po’ il centro degli ultimi anni. Il pubblico riconosce quando gli attori sanno arrivare al pubblico, anche in maniera semplice, perciò la professionalità e il rigore sono il grande filo conduttore che abbiamo scelto.
Il pubblico troverà allestimenti di tutto rispetto anche negli spettacoli più insospettabili. Abbiamo cercato il divertimento professionale e pulito. Le stagioni sono state fatte intorno ad un’idea di teatralità che è artigianato puro, che risiede sulla creatività di chi lo fa. Non solo delle star in scena, ma anche del regista, costumista e scenografo e così via.
Da quanti anni lavori con il teatro?
Da quando avevo 19 anni, appena uscita dalle scuole superiori. Una vita.
E c’è ancora la passione?
Ci sono delle volte in cui vado a teatro, spesso vado sola, in cui guardo il sipario e ancora non vedo l’ora che si apra. Bisogna vedere tanti spettacoli poi per riuscire a capire bene che cosa sia quest’arte.
Allora chi meglio di te può consigliare la “dieta” teatrale? Quanti spettacoli consigli di vedere tra quelli di Teatri in Rete?
Tutti! (Ride). Scherzi a parte io direi che almeno una volta al mese vale la pena, magari scegliendo oppure con abbonamento affidandosi alla programmazione degli esercenti.
Un augurio per i Teatri in Rete?
Il mio augurio è di non perdere mai la passione. Di sentire l’esigenza di riempire la sala con gli spettacoli e di sentirne la mancanza quando non ci sono. Deve essere un sentimento comune che accompagna i responsabili della sala e i volontari: la voglia di far vivere la sala ad ogni costo.
Intervista a cura di Gabriele Lingiardi